Il pensiero greco
Ammettiamolo: siamo tutti vittima del pensiero greco.
Siamo schiavi della filosofia occidentale le cui radici affondano nelle teorie degli antichi pensatori ellenici.
Siamo continuamente obbligati a ridurre qualsiasi cosa ad un insieme di tesi razionalmente definite, di cui possa darsi una sistematica dimostrazione teorica.
Il risultato è che abbiamo del perso la capacità di comprendere le culture, le idee, l’arte e qualsiasi altra cosa cui lo spirito definitorio e sistematico sia del tutto estraneo.
Con il pensiero razionale abbiamo costruito le gabbie che imprigionano il nostro spirito. Viviamo in un angusto recinto di false certezze, opponendo rifiuto a tutto il resto, negandone, talvolta, l’esistenza stessa.
Finiamo per essere egoisti, gretti e meschini. Razzisti. Repulsi da ciò che è “altro da noi”, fosse un’opera d’arte, un sistema di pensiero o semplicemente un idea differente.
Siamo vittima del “pensiero greco”.
Vittima, dal latino victĭma ‘animale offerto in sacrificio’, o ancora meglio (dal Devoto), superlativo che ha per base vic- di vĭcis ‘scambio’ ovvero ‘che ricambia per eccellenza’, secondo la mentalità religiosa degli antichi, che concepiva il sacrificio propiziatorio come una sorta di scambio, di pareggio di doni fra l’uomo e la divinità.
Rimane da chiedere a noi stessi cosa il sacrificio di una più vasta e libera comprensione sia andato a pareggiare. Cosa abbiamo ottenuto? Forse una realtà più confortevole e sicura, come confortevole e sicura può essere una gabbia dorata.
Altri sistemi di pensiero
Cosa si trova all’esterno della gabbia? Beh, all’esterno sicuramente c’è la medesima realtà, ma ciò potrebbe “liberarci” è un sistema di pensiero alternativo. Uno di quelli che spesso snobbiamo e rifiutiamo, proprio perchè non rispondente alle caratteristiche di sistematicità e razionalità “occidentale”.
Il pensiero ebraico
I miei tentativi di comprensione della cultura ebraica risalgono a molti anni addietro. Credo di aver compiuto sempre il medesimo errore: quello di voler capire “razionalmente” un sistema che non è un sistema e che di razionale ha ben poco.
Facciamo un esempio, utilizzando come punto di partenza, il punto di partenza della cultura ebraica: le Sacre Scritture, la Genesi
«In principio Dio creò – Bereshìt barà Elohìm».
Il verbo barà, creò, è usato in ebraico per descrivere l’atto creativo di Dio che crea (c’è) “yesh” dal nulla “meayin” in netta contrapposizione con ogni altro atto creativo alla portata dell’uomo che è “ yesh meyesh”, ovvero “c’è dal c’è”, creazione sulla base di una materia preesistente.
Non trovo che si tratti esclusivamente di qualcosa di complesso e di ostico. Certamente per “comprendere” dobbiamo rinunciare a “comprendere” e fare affidamento sull’”Intuizione”, sul “misticismo”, concepito come il risultato di un’operazione che richiede l’applicazione dell’intelligenza, senza l’uso della capacità dell’intelletto. Intuizione.
La medesima Intuizione Mistica che è anche la chiave della comprensione immediata di qualsiasi opera d’arte.
«In principio Dio creò – Bereshìt barà Elohìm».
Questo verso contiene in se tutta la complessità del “non razionalizzabile”, ma divide il problema in due categorie:
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Il “Tempo”, riferito al termine “al principio” – che di certo non è una categoria “temporale” a noi familiare (ma di questo parleremo in un altro articolo)
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La “creazione” – dal nulla – anche questa, categoria poco accessibile.
Fino a questo punto molto in comune con la religione occidentale maggiormente diffusa: Il Cristianesimo, o meglio “L’eresia Cristiana della religione Ebraica”.
Le prime difficoltà insorgono allorchè si debba sccettare che prima della creazione, secondo la cultura ebraica, qualcosa ci fosse già:
L’“En Sof” – l’illimitato,l’incommensurabile – ovvero il Tutto, luce semplice e illimitata, che prima del principio (Bereshit) “si contrasse” in (lasciando un) punto vuoto, spazio per la successiva creazione….
E’ un’immagine che ha qualcosa di grandiosamente poetico e potente. Smettiamo per un attimo di pensare e immaginiamo:
“La luce incommensurabile precedente la creazione, si contrae in un solo punto per lasciare spazio al creato”..
[…] Dio usa il suo aspetto di din e ghevurà, giudizio e forza (assumendo il nome di Elohìm) per delimitare una realtà illimitata, l’esatto contrario dalla sua natura che è chesed, amore, e dare senza limiti. Din, il rigore divino, necessario per dare una misura alla creazione, ha causato la rottura dell’armonia originaria e la formazione di residui che se non trasformati tramite una sorta di riciclaggio spirituale sono maligni[…]
Per ora chiudo con alcune considerazioni riguardo alla natura contraddittoria e asistematica della cultura ebraica:
Come possono le Sacre Scritture parlare di creazione se nel linguaggio biblico non esiste nemmeno un equivalente della parola “cosa”? L’equivalente “dabar”, solo successivamente è venuto a indicare la “cosa”, mentre originariamente assumeva il significato di “parola”….
Manca addirittura il concetto di “eternità”, la cui idea più prossima è quella di “olam” con il significato di “Tempo lontanissimo”…
[FINE PRIMA PARTE]